BERGSON

Nasce a Parigi nel 1859 e decide di laurearsi in filosofia e matematica. Dopo l’esperienza a scuola, Bergson comincia ad insegnare filosofia moderna al College de France di Parigi. Muore nel 1941 a Parigi, mentre la città è occupata dalle truppe naziste. Le sue origini ebraiche gli avevano fatto conoscere e provare la crudeltà delle leggi razziali e delle persecuzioni antisemite.  Tra le sue maggiori opere ricordiamo: Materia e memoria (1896), il suo capolavoro L’evoluzione creatrice (1907) e Le due fonti della morale e della religione (1932).

La filosofia di Bergson può essere compresa solamente partendo dal contesto filosofico in cui si colloca: il porsi come una tra le reazioni più celebri e meglio riuscite al positivismo. Dinanzi ad una concezione della realtà rigidamente spiegabile attraverso leggi meccaniche e conoscibile solo attraverso il metodo scientifico, Bergson si domanda quale sia la specificità della filosofia e, soprattutto, che posto rivestano le scelte, i valori etici, religiosi e artistici dell’uomo.  Il filosofo rifiuta di considerali allo stesso livello dei fatti naturali, così come rifiuta l’idea che l’unica forma di conoscenza della realtà sia quella scientifica

Ci basti sapere sin da subito che Bergson viene considerato il più grande rappresentante dello spiritualismo francese. Tale corrente filosofica, infatti:

1. invita a concentrarsi sulla interiorità degli individui, sullo “spirito”, sulla coscienza: una realtà diversa e non assimilabile a quella dominata dallo studio dei fatti naturali.

2. riconosce alla filosofia il peculiare compito di indagare tale realtà, differenziandosi dal metodo e dall’oggetto propri della scienza.



Bergson diede una sua idea della concezione del tempo. Il dibattito di Bergson contro la totale riduzione della realtà alla visione scientifica è espressa nel suo contributo più originale: la concezione del tempo. Per il filosofo, il limite proprio della scienza è considerare il tempo come qualcosa di:
1. “spazializzato”: ovvero come una successione di momenti distanti l’uno dall’altro, misurabili, tutti uguali;
2. reversibile: ovvero come qualcosa che si può ripresentare uguale a se stesso (per esempio negli esperimenti scientifici).


Ma il tempo della scienza, sebbene sia molto utile nell’organizzazione e nel funzionamento della nostra vita sociale, è molto diverso dal “tempo della vita”, ovvero da ciò che percepiamo attraverso la nostra coscienza
Quest’ultimo è infatti:
1. fatto di momenti che non potranno mai più ripresentarsi (irreversibili);
2. fatto di momenti qualitativamente diversi l’uno dall’altro;
3. continuo: è uno scorrere senza sosta e un sovrapporsi di eventi del passato, presente e futuro.
Il tempo della coscienza per Bergson è, dunque, quello della “durata”, in cui non è possibile distinguere e isolare nessun momento dall’altro e ogni cosa è allo stesso tempo un prodotto del passato e nuova.


Chiarito il nostro modo di intendere il fluire della vita, Bergson quindi può spiegare come ogni nostra azione spirituale (decisione, pensiero) non può in alcun modo essere ridotta ad una pura concomitanza di cause necessarie ed esterne (il sopraggiungere di qualcosa che ci fa arrabbiare ad esempio). Al contrario, quello che siamo, pensiamo e facciamo è ciò che ci caratterizza e che dipende dal nostro passato, dal presente e da come immaginiamo il nostro futuro. L’uomo, a differenza dei fenomeni naturali, nella sua vita spirituale è libero di determinarsi da sé. Tale impostazione è evidente anche nella differenza che Bergson rintraccia tra memoria, ricordo e percezione. Mentre la memoria, infatti, è la conservazione integrale del nostro passato ad un livello inconscio, il ricordo è un’immagine con cui il nostro cervello recupera una parte della nostra memoria in vista dell’azione.
La percezione, infine, è quella facoltà che ci permette di selezionare i dati che traiamo dal mondo esterno (e che ci sono più utili) e che, spesso, ci dà la possibilità di far affiorare un ricordo (ad esempio: un odore, una sensazione percepita ci rimandano ad un ricordo del passato).


Inoltre, analizzando il processo evolutivo, Bergson nota come gli uomini e gli animali abbiano via via affinato due caratteristiche differenti: l’istinto e l’intelligenza. Mentre il primo consiste nel sapersi servire di qualcosa di cui disponiamo naturalmente (l’olfatto, il tatto ecc.), il secondo è la capacità di creare e utilizzare oggettiIstinto e intelligenza non possono mai esistere l’uno senza l’altro, ma l’uomo, all’inizio della sua storia, aveva sopperito ai sui limiti naturali potenziando la sua intelligenza. Ciò, secondo Bergsonha dato origine alla scienza che, se è padrona nel campo delle cose materiali, risulta totalmente incapace di comprendere il movimento e il flusso continuo della vita.







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