WEBER
Weber, nato ad Erfurt, è uno tra gli studiosi più rilevanti della modernità, soprattutto nel campo della metodologia delle scienze storico-sociali. Sin dalla infanzia è vicino al mondo della politica e della cultura, in quanto il padre era stato membro del Parlamento tedesco e la casa era continuamente attraversata dai personaggi più influenti dell’intellettualità tedesca del tempo.
All’apice della sua carriera, nel 1897, dopo aver ottenuto la cattedra di economia politica in due università tedesche, è colpito da una grave forma di depressione e, con la moglie, intraprende numerosi viaggi per tutta l'Europa.. Solo nei primi anni del 900 riprende la sua attività di studioso e poi quella di docente. È in questo periodo che scrive i maggiori saggi di metodologia delle scienze storico-sociali ed è tra i fondatori della Società tedesca di sociologia. Durante il la prima Guerra Mondiale, Weber inizialmente sostiene le ragioni della partecipazione tedesca al conflitto, tranne le tesi pacifiste. Al termine del conflitto, contribuisce alla stesura della nuova Costituzione ma, nel 1920, improvvisamente muore nella città di Monaco, mentre stava scrivendo la sua opera più impegnativa, cioè "Economia e società".
Quando si parla di Weber, è bene aver presente l’elaborazione teorica fatta da lui in merito alle specificità, all’autonomia e al valore delle scienze storico-sociali.
- 1. In primo luogo, ciò che le distingue dalle scienze naturali è il suo oggetto: non si tratta infatti di un fenomeno particolare inquadrabile in una legge generale (ad esempio: si osserva la caduta di un oggetto e si colloca, tale fatto, all’interno della legge di gravità) ma di un avvenimento dotato di una irripetibile singolarità.
- 2. Ciò che si costituisce come campo di studio è il frutto di una scelta compiuta dallo storico che, in base a determinati valori e interessi, ritiene rilevante isolare un oggetto specifico dagli altri.
- 3. Per questo, secondo Weber, la conoscenza storica è sempre dominata dall’unilateralità: si sviluppa sulla base di alcuni valori o punti di vista e non può mai avere la pretesa di comprendere la totalità della realtà storico-sociale. Esisteranno, dunque, dei campi di ricerca circoscritti sulla base di una scelta soggettiva
Le ricerche metodologiche compiute da Weber trovarono una concreta applicazione in uno dei suoi lavori fondamentali, ovvero "L’etica protestante e lo spirito del capitalismo". Il sociologo è stato spesso considerato il “Marx della borghesia” in quanto condivideva, col padre del comunismo, la considerazione che il capitalismo fosse l’aspetto dominante della civiltà moderna. Nonostante ciò, aveva un pensiero diverso da Marx. La critica di Weber era basata nella pretesa di assumere, un punto di vista univoco per comprendere la realtà. Per il sociologo, l’errore stava nell’aver elevato il fattore economico a unico dato determinante per comprendere la storia, tralasciando innumerevoli altre influenze. Secondo Weber, l’agire umano è qualcosa di complesso e le spiegazioni finiscono sempre per essere gigantesche. Dunque, il marxismo può e deve essere recuperato come uno dei modi di spiegare ed intendere la realtà, mai come il solo, mostrando i vari rapporti che intercorrono tra fattori economici e fattori extraeconomici.
Weber analizzò anche il concetto di capitalismo. Il capitalismo, al contrario, è un fenomeno storico specifico che si sviluppa pienamente e unicamente nell’Occidente moderno. Esso ha diverse caratteristiche:
Per concludere, egli si concentrò se, secondo lui, la religione ha influito solo sul capitalismo. Affermò che anche se la spinta religiosa protestante si è inaridita, il capitalismo ha continuato a mantenere in piedi la primaria importanza assegnata al profitto. Ma il rapporto tra religione ed economia non è riconosciuto quando si affronta la genesi del capitalismo. Difatti, tutte le religioni universali contribuiscono ad accrescere o svilire le attività economiche. Nello specifico:
- 1. esistono religioni che risultano non determinanti per le attività economiche.
- 2. religioni che condannano le attività produttive ed, al contrario, esaltano i valori della povertà, come il buddismo.
- 3. religioni che risultano determinanti per le attività economiche e contribuiscono a trasformarle, come nel caso del calvinismo.
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