SCHOPENHAUER

Schopenhauer è nato a Danzica nel 1788, nato in una famiglia benestante. Il suicidio del padre e il turbolento e contraddittorio rapporto con la figura materna segnarono profondamente il pensiero di Schopenhauer, ben sintetizzato nella sua opera più famosa "Il mondo come volontà e rappresentazione".
Sul pensiero di Schopenhauer agirono fortemente le influenze: di Platone e la sua teoria delle idee; del Romanticismo; della filosofia orientale (in particolare quella indiana buddista) e del criticismo di Kant.  
La distinzione kantiana tra fenomeno (la cosa come ci appare) e noumeno (la cosa in sé) ha costituito il punto di partenza del pensiero di Schopenhauer. Quest’ultimo pensa infatti di aver capito qual è la via d’accesso per il noumeno, cioè la realtà che si “nasconde” dietro l’inganno, l’illusione e la parvenza del fenomeno. Solo il filosofo capace di interrogarsi sulla sua esistenza e sull’essenza della sua vita, secondo Schopenhauer, può riuscire a squarciare il “velo di Maya” (com’era chiamata, dalla sapienza indiana, la realtà illusoria che ci appare ai nostri occhi) e superare l’apparenza.  
Secondo Schopenhauer riconoscere che la vera essenza della realtà è la volontà, equivale a dire che la vita è dolore, è sofferenza perenne. Volere significa infatti desiderare ed il desiderio è mancanza di qualcosa, vuoto, dolore. Il piacere rappresenta solo una momentanea cessazione del dolore, il quale sopraggiunge nuovamente non appena è temporaneamente appagato.  Tra il dolore e il piacere si colloca la noia, che è la situazione in cui viene a trovarsi l’uomo nel momento in cui placa temporaneamente i suoi desideri.

 















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