HORKHEIMER

Horkheimer è senza dubbio una delle figure più celebri e rappresentative della Scuola di Francoforte. Egli fu professore di filosofia all’università di Francoforte, dal 1931 divenne direttore dell’Istituto. Costretto a emigrare con l’instaurazione del nazismo, ritornò nel 1950 in Germania e, insieme ad Adorno, riaprì la Scuola. La riflessione del filosofo fu stimolata tanto dai regimi totalitari quanto dalla sempre maggiore importanza che assunsero la società di massa e i nuovi mezzi di comunicazione.

Il concetto base della sua speculazione fu senza dubbio quello di razionalità, cardine della società moderna e da lui inteso in modo nuovo. A suo parere, esistono due tipi di razionalità: una “oggettiva”, che rappresenta un criterio universalmente utile per conoscere e agire, e una “soggettiva”, che mira a cercare i mezzi più adeguati in vista del raggiungimento di certi fini.

È la ragione della civiltà moderna e, soprattutto, di quella industriale alla base di un atteggiamento nuovo e paradossale che Horkheimer chiama "Illuminismo”. Nella famosa opera La Dialettica dell’Illuminismo, questo concetto viene ampliato ben oltre il suo significato originario. Per Horkheimer e Adorno, infatti, l’illuminismo caratterizza la vera e propria “logica di dominio” propria della civiltà occidentale, atta a voler sottomettere a proprio vantaggio la natura.

Un simile atteggiamento ha, però, come rovescio della medaglia un progressivo asservimento dell’uomo: col sistema capitalistico, soprattutto, l’uomo ha ampliato la ricchezza materiale e, al tempo stesso, si è ritrovato schiavo dei ritmi produttivi e del sistema economico e culturale da lui stesso creato. Il genere umano ha perso la libertà e si è negato felicità e piaceri.








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